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12 Maggio 2017 admin

Musei 4.0, come cambiano con i big data e la realtà aumentata

Anche luoghi storici come i musei, cambiano con l’avvento della tecnologia. Ecco come cambiano grazie ai “Big Data” ed alla “Realtà Aumentata”.

Tra arte, musei e patrimonio culturale il digitale dà qualche segnale di maturità. Sembra giunto a esaurimento l’”effetto wow” a tutti i costi. Che puntava perlopiù a stupire e a trattenere l’attenzione del visitatore, puntando molto sulle novità tech. Ora si fa avanti una serie di progetti – come quelli presentati oggi a Bergamo – che sfrutta le potenzialità del digitale per una offerta di qualità. Che conquista l’utente, senza aver bisogno della fascinazione da gadget. E che si mette al servizio dei musei e di chi li visita.

Geo Big Data: il museo e la relazione con l’utente
Non a caso arriva da una équipe di analisti del territorio il progetto Urban Nexus che sarà presentato oggi a Bergamo nell’ambito di Musei 4.0, workshop organizzato da Accademia Carrara. Come aumentare l’interazione tra la città e i musei? Come attrarre nuovi visitatori? Come fare un’offerta adatta alla loro curiosità culturale? “Di solito i big data georeferenziati vengono utilizzati per tracciare gli utenti e studiare i flussi – spiega Federica Burini, docente di Geografia dell’Università di Bergamo – Noi metteremo insieme fonti diversi, dai social network ai dati Istat, dagli Open Data di Regione Lombardia, ai dati degli hotspot. E cercheremo di capire come si muovono gli abitanti/utenti, quali luoghi vengono commentati nella città, quali sono le opinioni. In questo modo i musei possono rivedere i loro percorsi e avvicinarsi alle esigenze dei visitatori”. L’excellence initiatives dell’università di Bergamo è in partnership con Anglia Ruskin University di Cambridge e l’Ecole polytechnique fédérale de Lausanne (Epfl) e vuole sperimentare come i big data georeferenziati possono aiutare la governance urbana delle medie città.
Identità aumentata per Milano
Punta invece al coinvolgimento diretto dell’utente la piattaforma digitale Milano-Augmented Identity, disponibile da qualche mese. Non lo fa con la realtà virtuale ma con l’approfondimento e lo scavo culturale. L’idea nasce dalla riscoperta degli affreschi trecenteschi della Grande Sala Dipinta di Giovanni Visconti, nel Palazzo Arcivescovile. Affreschi di scuola giottesca che non sono visibili al pubblico e sono stati riportati alla luce dai recenti studi condotti da Serena Romano dell’Università di Losanna, in collaborazione con la Soprintendenza di Milano. Costituiscono una preziosa testimonianza nella ricostruzione della storia della Milano del Trecento, che di fatto permette di tratteggiare un’identità aumentata del capoluogo lombardo.
Il progetto è pensato sulla base delle modalità di fruizione. La versione mobile presenta solo una sequenza di filmati (introduzione, Narrazione, Restauro, Persone e Progetto) fruibili anche con uno smartphone. La versione web integra anche le sezioni di Approfondimenti e Interviste che arricchiscono la lettura. Nella piattaforma per desktop si trovano non solo tutte le interviste e i materiali integrali ma nella sezione Esperienze c’è la possibilità di navigare tra i contenuti in modo dinamico e interattivo costruendo percorsi personalizzati, peraltro molto utili alle scuole.
L’identità aumentata è data non solo dalla ricchezza dei contenuti. Oggi a Bergamo sarà raccontata questo primo capitolo della storia. “Che proseguirà nei prossimi mesi e anni, con altri capitoli – spiega Umberto Tolino del Politecnico di Milano che ha curato il design della piattaforma – con nuovi approfondimenti, studi, scoperte”. Milano-Augmented Identity è sviluppata da City Innovation Lab dell’Alta Scuola Impresa Società (Altis) dell’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Arcidiocesi di Milano.
L’accessibilità del patrimonio diffuso
Dalla stessa Bergamo arriva un altro progetto ambizioso perché vuole aprire una breccia su due terreni duri: la disabilità e il patrimonio artistico diffuso sul territorio. Attraverso i beacon, l’associazione inChiostro vuole rendere accessibile i beni culturali a persone con disabilità sensoriali, visive e uditive. L’associazione – fondata da architetti e storici dell’arte – ha già elaborato un’app demo che diventerà una vera e propria app se riceverà i contributi della locale Fondazione di Comunità, sponsorizzazioni di aziende e donazione di privati. L’utilizzo dei beacon via smartphone attiverà il sintetizzatore vocale che racconterà ai non vedenti i contenuti dei video che saranno anche sottolineati per chi ha disabilità uditive. “Con questa app vogliamo rispondere alla esigenze di chiunque voglia visitare questi luoghi, spesso di difficile fruizione – spiega l’architetto Marco Ceccherini di inChiostro – La prima fase prevede lo sviluppo dell’app e l’installazione di beacon in alcuni luoghi d’arte della Val Cavallina, le fasi successive prevedono formazione per operatori turistici e il progetto di pacchetti ad hoc”.

 

Fonte: Nova

 

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