Spesso sono in giro per l’Italia a scoprire e scrivere di storie legate al mondo del “food”; mai avrei pensato che a pochi passi da dove vivo tre ragazzi campani avrebbero “ingolosito” la mia “fame” di racconti.
Quando lo Chef Francesco Sodano mi ha contattato ho sentito un’energia nelle sue parole che mi hanno condotto rapidamente al ristorante “Casa a Tre Pizzi“.
Oscar Wilde diceva:”ho dei gusti semplicissimi; mi accontento sempre del meglio”. Sarà stato lui, forse, ad ispirare il giovanissimo Chef di Somma Vesuviana (NA) che anche se all’anagrafe segna solo 31 anni, vanta un’esperienza in campo internazionale da far rabbrividire gli Chef più blasonati. Con altri due amici imprenditori, i fratelli Mirko e Andrea Notaro, hanno deciso di portare le tradizioni delle loro origini in una misticanza di esperienza culinaria internazionale per servirla a Napoli in via Mergellina 1 A/B.
Iniziamo dalle tue origini, da Somma Vesuviana poi in giro nel mondo per finire a Napoli, raccontami.
Mio padre ha sempre lavorato nel settore della ristorazione quindi ho iniziato con lui a Somma Vesuviana nelle cucine della struttura di proprietà del padre di Andrea e Mirko.
Noi tre siamo cresciuti praticamente insieme, poi sono partito perché avevo voglia di vedere “oltre” ma soprattutto di imparare delle tecniche che all’estero sono molto in uso, mentre in Italia meno.
Sono sempre rimasto in contatto con i ragazzi e l’idea un giorno di fare qualcosa insieme è sempre stata presente fino a quando abbiamo deciso di dare una svolta imprenditoriale alla nostra vita.
Noi tre, da piccoli, mai avremmo pensato di trovarci dove siamo oggi e soprattutto con una ristorazione così “particolare” però mi sono sempre fidato della caparbietà di Andrea, nel senso che da sempre sapeva quello che voleva. Quindi, nata l’opportunità, ho scelto di tornare in “famiglia” piuttosto che accettare le tante richieste che avevo ricevuto.
Francesco la prima cosa che colpisce di te è la grande esperienza internazionale nonostante la tua giovane età.
I ristoranti importanti all’estero hanno una marea di persone in più nelle loro cucine. Ci puoi accedere con degli stage e se sei bravo riesci a trovare un tuo spazio. Da lì a ritrovarti a collaborare con chef a due o tre stelle ci passa la tua caparbietà, la tua passione e la tua famiglia.
Personalmente ho avuto la fortuna di lavorare con tantissimi chef con una lunga tradizione alle spalle. Ho collaborato, anche, con imprenditori italiani che hanno avuto grande successo all’estero. Ho vissuto un bel periodo in cui il mondo era diventata la mia nuova casa: dal ristorante Oracle a Los Angeles, ai 4 passi di Nerano a Londra, con lo chef “Oliver Glowing” per poi collaborare con lo Chef “Anthony Genovese” presso il ristorante “Il Pagliaccio”. Ancora nella capitale londinese presso “Galvin at Windows” al London Hilton Park Lane e “Annabel’s” club a Mayfair, sino a diventare l’Executive Chef di “Enoteca Turi”.
Passiamo alla tua cucina Francesco: piatti con cibi iper selezionati, freschi, con sapori tradizionali ma con saperi internazionali.
Il primo menù che ho proposto a “Casa a Tre Pizzi” è stato piuttosto complicato. Difficile perché la mentalità napoletana è molto “tradizionale”. Io provo a spiegare ai clienti scettici che tutto quello che realizzo è frutto di uno studio e la materia prima è selezionatissima. Così sono partito dal preparare il “piccione” che molti pensavano essere di strada mentre ovviamente è allevato in voliera. Oppure alcuni vini molto particolari sono stati presi per qualcosa di “non selezionato”.
Ancora, ad esempio, il classico soffritto napoletano ha l’animella dentro, se faccio il risotto fave, pecorino e animelle sono comunque ingredienti tradizionali ma ad alcuni risultavano strani solo perchè erano composti diversamente.
Inoltre cerco sempre di utilizzare i prodotti di stagione.
Ricordo quando da piccolo con mio nonno mangiavo le bucce dei piselli. Non pensavo fosse così complicato far capire ai napoletani un nuovo tipo di cibo con ingredienti tradizionali ma cucinati in maniera “diversa”.
Ad esempio una ho preparato le linguine ricci di di mare siciliano con bergamotto, la mia versione di pasta e patate oppure la genovese.
Abbiamo impiegato tempo, come in tutte le cose fatte bene, ora però la nostra clientela è perfettamente “skillata” sulla nostra ristorazione.
Quindi i tuoi piatti sono tradizionali ma anche ricercati?
Dipende…la mia cucina è molto lontana da quella che è la genovese tradizionale o la pasta e patate come quella abitudinaria, questo non vuole dire che la prepari, ma la “creo” secondo il mio pensiero e la mia esperienza.
Ovviamente bisogna tenere conto del business plan e food cost.
Di certo nella mia cucina non può non esserci un piatto con richiamo alla mia terra d’origine, cioè sua maestà il “baccalà”.
(In foto la “cevice di baccalà”).
Ascoltando le tue parole e provando la tua cucina e la tua esperienza, credo che le tue ambizioni sono da Chef stellato o sbaglio?
Guarda, ho mangiato questo pane dai miei 18 anni. I miei maestri mi hanno insegnato di non lavorare per le guide. Sarei ipocrita,però, se ti dicessi che non mi piacerebbe ma voglio esprimere la mia creatività senza pressioni.
I grandi che ho incontrato in giro per il mondo mi hanno sempre insegnato che tutto ruota intorno al business, quando il posizionamento dei costi è giusto e tutti i dipendenti sono pagati allora vuol dire che sei sulla strada giusta. Ecco per me viene prima questo; poi se sono rose fioriranno.
Domanda d’obbligo anche per Andrea Notaro che insieme al fratello Mirko sono i fautori della nascita di Casa a Tre pizzi. Anche per te, studi italiani in economia ma Master e lingue all’estero per poi ritornare in Italia. La scelta di Napoli, l’amicizia fraterna con Francesco e la famiglia quali sono i vostri step imprenditoriali?
Io, Francesco e Mirko siamo cresciuti insieme. Poi lavoro e studio per alcuni periodi delle nostre vite ci hanno separato solo fisicamente perché siamo sempre rimasti in contatto. Appena è nata l’occasione di creare, con la nostra mentalità e la nostra passione, la nostra idea imprenditoriale ci siamo fatti trovare pronti provando ad investire a Napoli (lo abbiamo voluto fortemente) in un luogo difficile con una cucina si tradizionale ma ricercata.
L’importante è sapere da dove partire, poi pian piano le soddisfazioni arrivano. Siamo proiettati sicuramente in alto ma siamo consapevoli che serve tempo.
Dal punto di vista imprenditoriale a me piace vedere il locale pieno e mi piace vedere la tipologia di persone giusta per noi.
All’inizio siamo partiti troppo spediti (con la sesta) poi ci siamo resi conto che dovevamo fare un passo indietro. Abbiamo sbagliato, ci siamo presi le responsabilità, ma ne abbiamo tratto esperienza.
Con Francesco ci capiamo con uno sguardo, se voglio cambiare un piatto lui capisce che fare un passo indietro è funzionale per il cliente.
Per i traguardi futuri, ho vissuto a Milano per un bel periodo. E’ una città molto avanti a livello di ristorazione rispetto a Napoli non tanto per i sapori piuttosto per la mentalità delle persone.. Sono nato a Somma Vesuviana faccio l’imprenditore a Napoli ma bisogna guardare dove attualmente si lavora in maniera esemplare. Quindi mi piacerebbe nei prossimi anni aprire lì, intanto cerchiamo di fare più del massimo nella nostra città, di fare tanta esperienza e poi applicarla.
Una grande esperienza culinaria ci sarà il 25 ottobre 2018, dove lo chef Francesco Sodano “mollerà i freni” in cucina ed esprimerà tutta la sua creatività per pochissimi.
Abbiamo studiato con Andrea una serie di cene sperimentali.
Un tasting experience dove si potrà provare tutta la mia internazionalità ricreata da una cucina maggiormente ricercata, dei grandi abbinamenti di vini e dove le persone a cena potranno godere dei “sapori” difficilmente provati in precedenza.
Durante la serata ho avuto il piacere di incontrare anche Salvatore Notaro, padre di Andrea e Mirko e mentore di Francesco. Nelle sue parole la calma e la serenità di un imprenditore con tantissima esperienza che ha saputo guidare i propri figli, dargli la giusta istruzione e con il giusto equilibrio tra tutelare e lasciar “sbagliare” i propri figli. Incontrarlo mi ha fatto conoscere meglio questi tre ragazzi che hanno gli “occhi della tigre”, conoscono le loro origini e sanno la direzione del loro futuro.
Un grazie da parte mia e di tutta la redazione di foodmaker.it, prima di andare via un consiglio personale; provate il Tiramigiù. Qualsiasi sia il vostro umore, gusterete un qualcosa di mai provato prima
Per #FoodMakers.it